Amo camminare

…già è proprio così, camminare mi piace, mi fa stare bene.

Spesso, mentre cammino, soprattutto se sono solo, sto ad ascoltare il mio corpo che si muove. 

Porto attenzione all’appoggio del piede e a tutta la gamba che mi sostiene e che mi porta in avanti e mi permette di procedere. E poi passo all’altro piede e all’altra gamba. E questo portare attenzione al movimento, ha un effetto immediato sul mio stato d’animo.

Mi calmo, mi connetto al respiro, mi si aprono gli occhi ed entro in una dimensione di quiete.

Dopo pochi passi sposto l’attenzione alla parte superiore del corpo, alle braccia che oscillano libere, alla schiena che immediatamente si riallinea, il petto si apre, il capo si posizione bene sul collo, lo sguardo, che fino a prima era a terra, si alza avanti a me e così riesco a vedere lo spazio che mi sta attorno. Ed è a questo punto che mi sento parte dell’ambiente circostante e mi rendo conto di tutto ciò che mi circonda, degli alberi, degli uccelli, del cielo, delle nuvole, del sole, dell’aria.

Poi la mia attenzione torna al respiro, al ventre che si muove, che si gonfia e si sgonfia.  Subito mi nasce un sospiro e qualcosa si libera dentro di me. Qualche tensione che si allenta, qualche peso che se n’è andato, tutto il corpo lo sente e si riaggiusta, in un attimo, cambia impostazione e il mio stato d’animo con lui. 

Sento emergere una sorta di piacere dentro di me, per la forza che sento nelle gambe, per la libertà e la leggerezza che sento nella schiena e nelle braccia e per l’energia del mio respiro. 

E’ per questo che amo camminare, mi trasforma, mi rinnova e mi rigenera ogni volta.

Mi fermo, ringrazio e ritorno. 

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La camminata naturale: Kross Terra III

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Mi rendo conto che qualcosa è cambiato nel modo di appoggiare il piede a terra, forse perché sono in discesa e il terreno presenta dei grossi sassi, forse perché vado un po’ veloce e quindi non posso permettermi di sbagliare appoggio. Affronto il terreno quasi con le punte dei piedi, bene attento a non appoggiare il tallone nell’impatto inziale ma a farlo solo in un secondo momento quando il peso è stato ormai assorbito. Anche i miei sensi sono orientati in modo diverso, sono focalizzati molto sul movimento dei piedi e questo mi dà una sensazione di sicurezza inaspettata.

Non so se avete mai provato a camminare o a fare una corsa leggera nel bosco scalzi e ad osservare come cambia il vostro modo di appoggiare il piede. Nasce una necessità istintiva, di misurare il passo, il terreno e individuare le diverse possibilità di appoggio a terra. Operazioni che svolgiamo in una frazione di secondo, in modo automatico e la camminata prende così un ritmo e un’efficacia nuova.

 

Sta continuando la collaborazione come tester per l’azienda che produce scarpe “Lizard e oggi volevo presentarvi una scarpa da attività all’aperto. E’ una scarpa primaverile-estiva, l’ho provata quest’autunno e devo dire che sono veramente soddisfatto. E’ una scarpa che permette una camminata diversa dal solito, la sensazione è quella di avere dei “guanti” ai piedi più che delle scarpe e quindi si ha proprio la possibilità di sperimentare una “camminata naturale” come la definisce la filosofia aziendale.

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Camminare è uno dei gesti più comuni che facciamo durante le nostre giornate, i piedi ci permettono di distribuire il nostro carico al suolo. Pensate che in ogni piede ci sono 26 ossa articolate tra loro e quindi i due piedi hanno quasi un quinto delle ossa di tutto il corpo. Questo permette una grande adattabilità e flessibilità del piede al terreno, ma nello stesso tempo danno struttura, resistenza e tenuta, in modo tale da permetterci di dare propulsione al corpo anche in condizioni critiche, a volte al limite delle leggi di gravità. Non solo, ma i piedi sono un grande sistema di informazione del corpo. Dal piede-caviglia vengono continuamente inviate informazioni alle strutture nervose centrali sul rapporto tra il nostro corpo e il terreno che ci consentono di mantenere l’equilibrio e spostarci in sicurezza anche in funzione delle diverse variazioni del terreno, di velocità e altro.

Tutte queste funzioni possono essere agevolate o limitate dalle condizioni in cui teniamo i nostri piedi. La scarpa e le calze in modo particolare sono sicuramente elementi che condizionano la funzionalità del piede. Viene da sé che una “scatola rigida” che contiene il piede e ne impedisce la naturale posizione, adattamento e movimento limita la normale funzionalità della stesso.

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Provando le Kross Terra III invece devo dire che la leggerezza e l’adattabilità al suolo sono veramente eccezionali. Una scarpa pensata per fare attività all’aria aperta, capace di modificare il mio modo di camminare, se il terreno diventa impegnativo sono più istintivo, tendo ad usare i piedi in modo più accurato, scelgo dove appoggiarli. Pensavo che essendo così basse forse qualche problema di stabilità alla caviglia me lo avrebbero potuto dare, invece mi sento di dire che non è così, anzi si attiva un raffinato processo di valutazione e controllo che da una maggior sicurezza e stabilità alla camminata.

OLYMPUS DIGITAL CAMERANon vi posso nascondere che serve un po’ di allenamento, un po’ di abitudine a questo nuovo modo di camminare. Le prime volte potreste ritrovarvi il piede e la caviglia un po’ stanchi, oppure potreste trovare fastidiosa la sensazione di forte contatto con il suolo, però vi assicuro che dopo un breve periodo che le portate faticherete a calzare nuovamente scarpe pesanti e rigide.

A questo link puoi vedere il mio video di presentazione della scarpa, buona visione

Di nuvole e sole

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I ragazzi vanno, stanno camminando, hanno seguito le indicazioni mie e di chi conduce con me questa esperienza. Qualcuno ha compreso ma non sa cosa aspettarsi, qualcuno ha confusione in testa, qualcuno altro non riesce ad ascoltare…però vanno e proseguono. A momenti con affanno, a momenti con la testa piena di domande sul senso di quello che stanno facendo. Ma si trovano li, su un sentiero di montagna che continua a salire. E’ passata l’euforia dell’inizio ed è cominciata la fatica del salire. Si rendono conto che non ci sono molte alternative, l’unica possibilità è quella di procedere, anche se nella testa si fa strada il dubbio, il dubbio di non farcela, il dubbio che il corpo non resista a tutta questa fatica, il dubbio di non essere in grado di sostenere una prova simile.

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E’ iniziato così questo progetto dal nome Itinerari di Crescita, un programma che ha l’intento di offrire un’occasione di crescita a questi ragazzi e nello stesso tempo permettere loro di assolvere, in parte, alla prescrizione della pena inflitta per i reati che hanno commesso. Si, una parte di loro sono sono qui per questo, hanno commesso reato e prendere parte a questo progetto rientra nel loro programma rieducativo, altri sono ragazzi che per le loro condizioni di vita sono considerati a rischio di devianza. La natura e il movimento sono il centro di questo progetto. Nel pensarlo si voleva trovare onestà, sincerità e pace, al di la delle parole dette o che si possono dire, per questo è stato scelto il corpo e la natura come strumenti, mezzi, contesti, in piena sintonia con quello che è la filosofia di ginnastica naturale.

Le nuvole si abbassano, coprono tutto il sentiero, non si vede niente, solo la traccia per qualche metro davanti che sale verso l’alto, che sembra infinito. Non c’è molto da fare capiscono che devono andare avanti e proseguire con fiducia, nella speranza che più avanti le cose si chiariscano, diventino limpide, anche nella loro testa.

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La montagna è ricca di storie, sono le storie degli uomini e delle donne che l’hanno vissuta, molte sono storie intense che a volte sembrano improbabili, folte di eventi, articolate, straordinarie da far venire la pelle d’oca. Anche le storie dei ragazzi che prendono parte al programma sono intense e articolate e a volte tali da sembrare improbabili. Le storie ritornano nel tempo e anche nella salita di questa prima uscita tornano e si incrociano nei ricordi e nelle sensazioni, perché forse a volte le sensazioni delle storie sono simili, anche se i contesti entro cui si svolgono sono completamente diversi. Le sensazioni fatte di emozioni e sentimenti, muovono l’uomo e sono quelle che restano, che fanno parte della propria persona e a volte sono così difficili da comprendere che si fa perfino fatica a comunicarle e condividerle.

Ognuno in questo progetto si porta via quello che può, quello che riesce a raggiungere spingendo poco a poco il proprio limite sempre più in la. Non ci sono esami, test o prove che alla fine dicono: si sei stato bravo! Ma semplicemente rimane una consapevolezza di quello che sei, di quello che sei riuscito a fare, di quello che la tua mente ha attraversato, dei momenti di nuvolo e di sole che hai vissuto. Questa consapevolezza, che solo nella natura riesci a trovare e che ti accompagna poi nel tempo.

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Poi basta poco, un colpo di vento che libera il cielo per un attimo, riesci così a scorgere l’azzurro intenso, il verde dei prati e la cima. Un attimo e le cose nella tua testa cambiano, un respiro profondo libera tutte le tensioni, ed una sorta di felicità percorre il tuo corpo a ridarti energia.

È così che è andata questa prima uscita, fatica, nuvole, sole, salita, discesa, silenzio, storie raccontate…e poi rimangono alcune parole dette dai ragazzi: …riscatto …orgoglio …meravigliato …vittoria …scoperta…bella.

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Le cose che ho fatto: Piccola Guida dello Jutland del Nord 2

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 Sono in auto con Jan, un norvegese che mi sta accompagnando a Hirtsals (dove lui proseguirà con un traghetto per la Norvegia). Ho trovato questo passaggio grazie a BlaBlaCar, ci siamo incontrati con Jan ad  Amburgo, che ho raggiunto in bus e ci faremo compagnia fino a Hirtsals. Sto freneticamente cercando un B&B consultando Bokking.com e Airbnb.it e altri ancora. Nella mia idea, pensavo di essere scaricato in città e a piedi lungo il mare, di certo avrei trovato da dormire, ma per il mio amico del nord non è una buona idea. Mi sembra uno scontro tra il programmato e perfetto nord con il fatalista e improvvisato sud, io abbastanza tranquillo e rilassato, magari un po’ avventato, lui invece con mente lucida e efficiente a dirigere i lavori di ricerca del B&B.

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Sì, questa è una delle cose che ho scritto nella mia lista delle cose che ho fatto: cercare da dormire. Ho dormito nei B&B e negli shelter lungo il sentiero. Le ore di buio sono poche dalle 23,30 alle 4 del mattino in questa stagione, però trovare dove dormire significa anche potersi rilassare e nei primi giorni del mio viaggio era un bisogno.

L’altra cosa che appare nella mia lista è cercare da mangiare. Io ho sfruttato i supermercati e nei paesi i fisk restaurant dei porti, dove con 13/15€ mangi un piatto di pesce e verdura e con altri 6/7 € bevi una birra, l’unica difficoltà è che scrivono spesso solamente in danese e quindi non capivo niente, mi aiutavo guardando le immagini dei menù.

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Una delle cose che ho fatto maggiormente è camminare. Ho camminato a lungo e soprattutto lungo il North Sea Trail ma non solo. Ho camminato per trovare da dormire e da mangiare, ho camminato per raggiungere luoghi e per lasciarne altri, ho camminato perché in alcuni momenti non sapevo cosa altro fare, ho camminato nella speranza di trovare quello che cercavo, ho camminato perché a volte il tempo era troppo, ho camminato per trovare la pace dentro di me, ho camminato perché ero felice, ho camminato perché ero venuto per fare anche quello, ho camminato perché volevo, ho camminato per cercare di capirmi e per altri molti motivi.

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Poi ho cercato le foche, ho girato i porti, le spiagge i pochi scogli che ho trovato. Ci sono andato alla sera, alla mattina e durante il giorno, ma niente. Di foche neanche l’ombra.

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Ho cercato l’ambra nelle spiagge, ho raccolto centinaia di sassi gialli, arancioni e ocra perché di quel colore è l’ambra e li morsicavo nella speranza di capire, attraverso le sensazioni che avevo sotto i denti, se poteva essere oppure no.

Ho cercato i caprioli, si sembra strano, ma in questa regione le foreste all’interno della costa sono ricche di alberi e ci vivono caprioli, lepri e diversa altra fauna. Si spostano e raggiungono anche la spiaggia, mi sarebbe piaciuto tantissimo vederne uno in riva al mare, ma ho trovato impronte del loro passaggio sulla sabbia e non sono riuscito a vederli.

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Ho raccolto sassi, di ogni tipo, piccoli e medi soprattutto, i grandi devo dire li guardo poco perché sono impegnativi. Ne ho trovati di tutti i tipi, di tutti i colori, di tutte le sfumature, lucidi e opachi, pesanti e leggeri, tondi, piatti, lisci, ruvidi, con i buchi, di diversi colori, a strisce, veramente non esiste un sasso uguale ad un altro è incredibile. Me ne sarei portato a casa la maggior parte ma poi, come sempre non posso arrivare a casa con kili di sassi.

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Ho preso in prestito una bici dal governo danese, con una cauzione di 10 corone e ho girato per il paese di Tverted e i suoi dintorni compresa l’area naturalistica nei pressi.

Ho bevuto una birra in ogni nuovo paese, o abitato, in cui sono arrivato.

Ho letto il libro di Macfarlane e mi sono lasciato ispirare.

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Ho scritto il mio diario, per ricordare, per capire, per creare spazio dentro di me, per definire chiaramente le cose, per mettere ordine, per trovare sicurezza, perché quando il tempo era troppo ed ero stanco di camminare o i piedi mi facevano male, scrivere mi aiutava a stare con me.

Ho fatto fotografie, subito per ricordare, ma poi andavo alla ricerca di fermare le sensazioni del momento, lasciando che qualcosa mi colpisse.

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Poi sono andato a vedere Grenen la punta della Danimarca, il posto dove il Mare del Nord si incontra e scontra con il mar Baltico. Due mari diversi. Il mare del Nord, che mi è piaciuto tantissimo, sabbia bianca, acqua chiara, ventosissimo, vivace sorridente, pieno di energia, il Baltico a levante, più scuro, un po’ difficile, ombroso quasi. Litigano un po’ tra di loro in questo posto, sembrano voler dimostrare chi è il più forte e quando uno si ritira apparentemente soddisfatto, ecco che l’altro si riprende e con forza si fa valere. Solamente vicino alla terra sono un po’ più miti, forse la terra è il terzo che media e mitiga.

 Ho fatto il bagno nel Mare del Nord in mutande è mi sono asciugato al vento e al sole e mi è piaciuto tantissimo.

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Ecco questa è la lista delle cose che ho fatto, anche se c’è un’altra cosa che forse è quella che ho fatto di più, che ho continuato a fare da quando sono salito sul Flixbus di Verona fino alla fine del mio viaggio. Non so bene quale azione, perché forse era più di una. Direi che aspettavo, mi osservavo nell’attesa, osservavo intorno a me e me stesso e le mie reazioni. Non prendevo decisioni, aspettavo finché dentro di me non nasceva spontaneo il disegno di quello che avrei dovuto fare. Aspettavo di notare qualcosa, un particolare, un colore, un suono, un dissonanza nel paesaggio, un gesto di una persona, insomma una qualsiasi cosa mi…non saprei dire…mi suggerisse, invitasse, indicasse di proseguire, di prendere una determinata decisione, mi facesse intravvedere una possibilità. Poi una volta compreso, agivo, facevo senza chiedermi se ci fosse da parte mia un interesse, senza chiedermi se avesse un senso per me o se rientrasse tra i miei obiettivi, o potesse soddisfare un mio bisogno qualsiasi, di conoscenza, di realizzare qualcosa, di imparare. Aspettavo cercando con attenzione che dentro di me non ci fosse niente e nessuna cosa che prendesse il sopravvento a definire il momento che avrei dovuto vivere. Si credo che sia questa la cosa che ho fatto maggiormente in questo mio viaggio nello Jutland del Nord….aspettare che il momento accadesse.

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Piccola Guida dello Jutland del Nord 1

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I miei piedi!

Il fresco dell’erba bagnata mi avvolge i piedi fino alle caviglie, è un piacevole appoggio questo dell’erba del mattino ancora bagnata dalla rugiada notturna. Mi sono appena svegliato e ho deciso di partire a piedi scalzi e, in questi primi passi, ogni volta che il mio piede incontra il terreno sento una certa energia salire.  La duna su cui sto camminando è ricca di vegetazione erbacea e di fiori in questa stagione. Ogni tanto qualche rametto più duro si fa sentire sotto la pianta del piede, poi però trovo qualche tratto di fango di sabbia mista a terra, e allora mi lascio sprofondare e mi abbandono a quel piacevole senso di avvolgimento e di riempimento di tutti gli spazi tra le dita. Mi sembra di tornare a giocare come da bambino. Macfarlane scrive che bisogna riappropriarsi del camminare a piedi scalzi, perché ci permette di ricontattare la natura, di ritrovare il nostro equilibrio e poter così  conoscere profondamente la terra che in altro modo meglio non potremmo fare. E’ stato un’ispirazione per me quella di Macfarlane in questo viaggio nello Jutaland del nord, mi ha fatto compagnia il suo libro “Le antiche vie” e ho camminato a piedi scalzi in questa regione…così, per conoscerla meglio.

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Ho intrapreso questo viaggio senza avere un programma o una meta precisa e ho pensato di scrivere una piccola guida dello Jutland del nord. Sarà una guida modesta comunque perché il mio è stato un viaggio modesto. Inoltre è l’occasione di tornare a scrivere su questo blog che da un po’ è in silenzio.

Lo Jutland del nord che si trova in Danimarca è la parte ultima di questa penisola. Prima di partire, nonostante il nome Jutland fosse noto alla mia memoria, non sapevo situarlo. Solamente poco prima della partenza mi si è rivelato.

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La duna del Mare del Nord

In questo viaggio senza programma una delle cose che mi sono ritrovato a fare era compilare delle liste, così, perché questo mi aiutava a mettere ordine. Non avendo un programma preciso al quale affidarmi, generare delle liste mi permetteva di dare un posto giusto alle cose, allo spazio e al tempo.

Ho fatto liste di cose importanti e di cose meno importanti, liste lunghe e liste corte, la lista delle cose che avevo da mangiare, la lista di come distribuire le vivande nei diversi pasti, una lista delle cose che avrei potuto fare nello Jutland, una lista delle cose che mi sarebbe piaciuto fare, ho fatto una lista delle cose che ho fatto e molte liste inutili come quanti diversi tipi di sassi avevo visto, dei paesaggi ammirati, di quante persone avevo incontrato quel giorno, ecc.

Pensavo cosi di utilizzare due di queste liste, per comporre questa mia piccola guida:

La prima riguarda le cose che si possono fare nello Jutland del Nord e la seconda le cose che ho fatto io.

Nelle cose che si possono fare nello Jutland troverete naturalmente siti turistici che vi offriranno spunti e spiegazioni migliori delle mie.

La prima cosa che si può fare è percorrere a piedi il “North Sea Trail”:

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Segnavia del “North Sea Trail”

Un sentiero che percorre una buona parte dello Jutland del nord seguendo la costa bagnata dal Mare del nord. Il mio consiglio è quello di partire vicino a Lokken nel nord ovest, a sud di Hirtsals, per arrivare fino a Skagen che si trova nella punta più estrema a nord della Danimarca. Qua in questo punto il Mare del Nord si incontra con il mar Baltico. Credo che in 5 giorni si possa fare tutto questo percorso a piedi. Nei centri di informazione turistica locali non si trovano molte informazioni in lingua inglese, però trovate dei dépliant con mappe ben disegnate con le quali potete organizzarvi. Esiste una App (che potete scaricare dal sito http://www.haervej.dk) che vi può aiutare nel percorso e nello stesso sito potrete trovare informazioni in merito al percorso (anche se dettagliate fino a Hirtsals, meno per la parte successiva). La cosa bella è che lungo questo itinerario potete trovare da dormire nei diversi shelter (sono dei piccoli rifugi, come vedi nella foto sotto) che incontrerete e avrete modo di attraversare e visitare delle riserve naturali (Klitplantage) molto interessanti. Lungo la strada è abbastanza facile trovare supermercati dove comperare cose da mangiare, in quanto il sentiero spesso passa attraverso i paesi.

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Shelter: rifugi di legno con la copertura di erba che si trovano lungo il “North Sea Trail”a disposizione dei trekker.

Un’altra delle cose da fare è utilizzare la bici per fare il “North Sea Trail”: in realtà non passa esattamente nello stesso itinerario, infatti alcune volte vi sono delle varianti necessarie. Però naturalmente in bici si fa molta più strada e si è molto meno vincolati sulle tappe. Valgono le stesse considerazioni per le informazioni fatte sopra anche se il mondo delle biciclette su internet per questo itinerario sembra più ricco.

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Una cosa interessante da fare nello Jutland del Nord è quello di andare a caccia di Ambra. L’ambra è una resina fossile, le conifere producono resina che nel tempo e nei millenni è diventata fossile. Conosciuta da tempi antichissimi per le sue proprietà terapeutiche come disintossicante e dalle proprietà antidolorifiche, ha un’azione calmante e viene usata anche con i bambini, questo effetto è dovuto al rilascio di acido succinico di questa resina fossile. Quando mi trovavo sul luogo mi hanno raccontato che l’ambra viene portata dal mare e dalla forza della onde a terra, sulle spiagge e dopo forti burrasche se ne trova di più. Si vedono tantissime persone che girano con gli occhi sulla sabbia alla ricerca di ambra: per capire se effettivamente lo è, si mette in bocca e si morsica, se è morbido o si sgretola potrebbe essere ambra…è divertente andare in giro a morsicare sassi.

Altra cosa da fare in questa regione è andare in giro alla ricerca di foche, per essere sicuri di vederle la cosa migliore è andare all’Oceanario (http://en.nordsoenoceanarium.dk/) di Hirtsals, dove è possibile appunto vedere anche tutta la fauna del mare del Nord. Altrimenti si possono battere tutte le spiaggia e i porti alla ricerca delle foche.

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Sterna in volo

Aggiungo un’ultima cosa, forse l’unica che avevo in programma, ed quella di andare a andare a vedere l’incontro tra il Mare del nord e Mar Baltico, proprio sulla punta della penisola. Un luogo famoso e molto visitato, ma non per questo senza fascino, una passeggiata di 3 km vi porta da Skagen al punto più a nord della penisola, dove potrete anche approfondire la storia recente della seconda guerra mondiale e andare a visitare i diversi bunker costruiti dai Tedeschi in tempo di guerra.

Ecco, credo di aver già scritto troppo e quindi per la seconda lista dovrete aspettare il post successivo.

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Mar Baltico

 

Sulla Lentezza

imm034Circa una decina d’anni fa sono stato in Ecuador per una spedizione naturalistica, ero il fotografo di questa spedizione. Siamo stati ospiti per circa una decina di giorni di una famiglia di indigeni nella foresta amazzonica, ai margini della foresta primaria. Questa famiglia apparteneva al gruppo indigeno che parla il Kichwa, che è una delle lingua appartenenti alle lingue Quechua, lingue dei Nativi Americani. Abbiamo vissuto nella loro casa, una palafitta, seguendo un po’ i loro ritmi.

La cosa che mi è rimasta impressa di quell’esperienza, era che facevamo solamente una cosa al giorno. Un giorno si andava a fare la spesa, oppure si andava a procurare del cibo al fiume, piuttosto che all’interno della foresta. A quelle latitudini quando si fa qualcosa ciò che è bene evitare è la fretta, la fretta e la velocità sono pericolose e quindi chi vi abita ha imparato a limitare le cose da fare ad una al giorno o poco più, proprio per non incorrere nel pericolo di avere fretta.

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Questo aveva il grande vantaggio di poter disporre di molto tempo con la possibilità quindi di lasciarsi “distrarre” da qualsiasi cosa appariva o si infrapponeva con quello che stavi facendo. Per andare a fare la spesa dovevamo percorrere circa 30 km e l’unico modo per andare era raggiungere a piedi una sterrata e poi aspettare che passasse un carro alla quale chiedere un passaggio. C’era la possibilità di impiegare la mattinata e buona parte del pomeriggio perché il carro doveva passare a casa di qualcuno, oppure trovava qualcuno da portare prima in altri posti e così ti ritrovavi a mangiare o bere qualcosa a casa di sconosciuti per poi riprendere il cammino magari anche avendo comperato da loro un pollo o delle uova.

sez viaggi e culture

Ho un ricordo molto bello di quel tempo passato. Un tempo leggero, un tempo di risate da far male le guance, ma soprattutto un tempo lungo, enormemente lungo. Anni più tardi la stessa sensazione l’ho vissuta in Africa, le volte che ci sono stato, poche cose da fare durante la giornata, una o due, che occupavano realmente una piccola parte del tempo, ma poi il resto era un tempo da vivere, fatto di incontri, distrazioni e meraviglie, ed era un tempo lungo, molto lungo.

Mi ritrovo più volte nelle mie giornate, a pianificare il mio tempo, cercando di definire tutto in modo tale da essere molto efficace e riuscire così, a fare molte cose nella minor quantità di tempo. Il tutto finalizzato ad un’illusione, quella di avere più tempo libero. Questa efficacia, questa abilità di incastrare le cose da fare e sbrigare gli impegni è dominata spesso dalla velocità, la quale però non lascia spazio alla distrazione, non lascia spazio per osservare i particolari o le piccole variazioni che sfuggono ad uno sguardo veloce. Non solo, ma poi, la sensazione ultima, a fine giornata, quando mi guardo indietro e faccio il resoconto vedo che ho fatto molte cose però la giornata è passata in un lampo, velocissima, senza quasi che me ne renda conto. Mi rimane un punta di amarezza e un dubbio. L’amarezza è data questa sensazione di velocità, dell’idea del tempo che passa senza rendermene conto e quindi mi sfugga quasi e il dubbio è quello di essermi perso delle cose, di non aver vissuto pienamente.

Credo che vi sia qualcosa di magico nella lentezza. Associo la lentezza alla pace, al silenzio, alla quiete, all’ascolto, al respiro, al rilassamento, alla contemplazione, alla meditazione. Mentre invece associo la velocità alla frenesia, al rumore, alla confusione, al frastuono, all’ansia, alla tensione. Su un libro di Qi Gong, leggevo che un maestro, 1000 anni prima Cristo, sosteneva che le situazioni simili tendono ad influenzarsi a vicenda, una sorta di simpatia. Se andiamo lenti quindi di conseguenza avremo rilassamento quiete, pace, e così via, mentre se la nostra vita è solamente veloce avremo tensione, frenesia, frastuono, agitazione.

Sono molte le culture nelle quali possiamo trovare traccia della lentezza, di movimento lento sempre associato ad una ricerca di ricerca di pace, di quiete, di meditazione e non ultimo di spiritualità. Oggi anche nella cultura occidentale, la scienza comincia a dar credito a quelle pratiche di quiete e di meditazione che influiscono sulla qualità di vita di ognuno di noi. Pratiche che possono aiutarci a preservare la nostra salute o addirittura a controllare fenomeni di aggravamento e peggioramento della malattia.

Credo che sia bene una buona abitudine dedicare del tempo della nostra giornata alla lentezza e così, ti suggerisco una semplice tecnica di camminata lenta che si può definire anche meditazione camminata o meditazione in cammino. La puoi praticare all’aperto in mezzo alla natura, le prime volte meglio se lungo un percorso pianeggiante, questa tecnica attinge e la puoi trovare nelle conoscenze degli indiani Toltechi, ma anche dei monaci zen, delle tecniche di yoga, del qi gong.

Se vuoi praticare la meditazione camminata non devi avere l’obiettivo di raggiungere un luogo, ma semplicemente di camminare, lo scopo è quello di radicarti nel presente e gustare ogni passo, consapevole di respirare. Prima di cominciare abbandona le ansie e le preoccupazioni della giornata, non pensare al futuro, a quello che ti aspetta, non pensare al passato, a quello che è stato, ma gustati l’attimo presente.

Inizia a camminare e cerca di coordinare la respirazione con i passi, (puoi riprendere anche la tecnica del Brethwalking nel post relativo) e quindi comincia a contare tre passi in inspirazione e tre passi in espirazione (la durata dell’inspirazione non deve necessariamente essere identica alla durata dell’espirazione) regola il numero dei passi a piacere, finché non trovi il tuo ritmo. Mentre cammini cerca di essere consapevole del contatto tra i piedi e la terra, fai questo con cura e attenzione, continua a seguire il tuo respiro però concediti anche di guardarti attorno e gustare la natura che vedi, senza farti risucchiare dai tuoi pensieri.

Sperimenta così la lentezza e tutto ciò che per simpatia l’accompagna, come il silenzio, la pace, il rilassamento. Pratica questo semplice esercizio per 10 minuti ogni giorno e noterai dei cambiamenti nella qualità della tua vita…e quei 10 minuti diventeranno i più importanti della tua giornata.

Buon Cammino

sez natura

Andare ad un Altro Passo.

2015-04-19 12.12.59-1

È un buon esercizio da fare in un’epoca in cui la velocità impera. Oggi i passi sono veloci e il ritmo è serrato, l’affanno e l’angoscia di non rgruppoiuscire a stare al passo domina. Di questi tempi, sperimentare un passo che può essere seguito da tutti, bambini e non più bambini, un passo lento, naturale, adeguato, che permette di guardarsi intorno con uno sguardo esploratore, che lascia spazio alla parola tra le persone e che porta così a
socializzare, che permette di sintonizzarsi con la natura, è una grossa opportunità di ricarica.

E’ quello che abbiamo fatto io Elena con due amici la scorsa domenica, abbiamo partecipato ad un trekking con l’asino sulle rive del fiume Po. Al mattino abbiamo raggiunto gli amici a Viadana sul lato mantovano del fiume, all’ostello Bortolino, una struttura molto accogliente inserita nell’ambiente di golene del fiume. Una vecchia casa dell’ottocento ristrutturata che fa da punto di appoggio a chi percorre la rete di ciclabili che contorna il fiume.

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Lì, avevano passato la notte i nostri amici, Marco e Claudia, con tutto il gruppo di viandanti, circa 30 persone, accompagnati da 5 asini, che al nostro arrivo stava partendo per ritornare verso Guastalla. 8 km di cammino, risalendo la riva del fiume Po al passo degli asini, il gruppo era composto da camminatori, appassionati del camminare, amanti del girovagare a piedi, molti camminatori del tempo libero ma molti anche per professione. Il titolo di questo evento era: “ Arditi e Poderosi. Gente di Argine e Margine: due giorni a piedi con gli asini tra golene e pioppete” organizzato nell’ambito della festa “Georgica” di Emilia.

golene

Abbiamo camminato lpausa letturaungo l’argine del fiume tra le golene, ammirando il territorio disegnato dalle acque del Po, andando alla scoperta delle isole che i diversi rami d’acqua creano, isole che si trasformano cambiando forma e dimensioni a secondo dell’umore del fiume. Durante il tragitto abbiamo avuto la possibilità di ascoltare scrittori e giornalisti che hanno presentato il loro lavoro: primo fra tutti Luca Gianotti, camminatore da sempre, di cui ho letto il libro che vi consiglio L’arte di camminare, fondatore della “Compagnia dei Cammini” un’associazione che propone trekking in tutta Italia e all’estero. Oppure Luigi Nacci, anche lui scrittore, camminatore, poeta e guida della Compagnia dei Cammini, che ha presentato il suo libro “Alzati e cammina”, uno dei fondatori dei “Rolling Claps“, anch2015-04-19 12.29.34e loro un gruppo di viandanti friulani, che vi consiglio di andare a guardare. Poi Simone Sacco di “Letteratura Rinnovabile” associazione che promuove il libro come oggetto e organizza iniziative come il “Giro d’Italia in 80 librerie”. Accompagnavano il gruppo anche l’artista, scrittore, Claudio Jaccarino che faceva delle “istantanee” con i suoi acquerelli e Tomas Pirano dell’associazione “Camminando con il cane”, che promuove camminate con i cani liberi.

acquerello

La carovana poi 2015-04-19 11.43.05era condotta ed animata da Massimo Montanari e i suoi asini. Massimo asinaro di professione e guida della compagnia dei cammini, lavora con gli asini da tempo, ne ha 15 e accompagna le scuole lungo il fiume. Massimo è racconta storie, scrive libri per bambini e lungo il tragitto ci ha intrattenuto con racconti di strani animali che popolano il fiume e del Lambrusco.

Il gruppo è stato seguito, per buona parte del cammino, da una troupe di RAI 2 che ha ripreso l’evento che sarà trasmesso nella trasmissione “Cronache Animali”.

Verso ora di pranzo siamo arrivati alla Garzaia di Pomponesco, un’interessante area protetta , frequentata da un gran numero di uccelli. Il sindaco in persona ci ha accolto alle porte della Garzaia e presentato questa area protetta, raccontandoci che nei giorni precedenti erano stati avvistati alcuni caprioli che girovagavano per i boschi di salice e pioppi.garzaia

Siamo arrivati quindi al luogo chiamato Montecitorio sulle sponde del fiume, famoso nella zona come luogo di chiacchere e di decisioni da parte degli anziani del paese. Abbiamo pranzato tutti insieme in un lungo tavolo, gustando gnocchi di farina con fagioli e salsiccia e luvadel, un fagottino di sfoglia tipico della zona, mangiato accompagnato con salumi o formaggio e bevuto del Lambrusco naturalmente. Un servizio di barche poi ci ha portato sulla sponda emiliana del fiume, alla festa “Georgica” in un clima di festa popolare che a tratti pareva di vivere in un’atmosfera da film Felliniano con tanto di circo familiare in pioppeta e ragazza che pedala tra gli alberi.2015-04-19 17.24.26-1

bici

Un clima di tranquillità ha pervaso tutta la giornata, un camminare senza la preoccupazione di arrivare, con l’unico obiettivo di camminare li, in quel momento, senza pensare ad altro se non essere nel presente. Gli asini hanno fatto la sua parte nel creare questo clima di serenità.

Credo che noi uomini siamo facilmente (chi più chi meno) “contaminabili”. Assorbiamo da tutto ciò che ci circonda, in modo non sempre consapevole, e questo ci trasforma. Io, dopo questa domenica passata sul Po, e per tutta la settimana, sono stato contaminato da “storie” di vita e di natura che mi hanno fatto stare bene, da sogni raccontati e realizzati, da persone semplici ma appassionate, che hanno il coraggio di dar vita ai loro sogni e dalla natura e dalla sua forza rigenerante. Credo che sia difficile restare immuni dalle contaminazioni, però credo che sia possibile scegliere da chi e da cosa farsi contaminare ed io vi invito a farvi contaminare dalle belle persone e dai loro sogni e dalla meraviglia della natura.

asino

Imparare a camminare è imparare a vivere

P1020804Sono le 3 di notte, c’è buio, anche se la luna piena disegna le ombre per terra. Sto scendendo da una ripida strada asfaltata, lunga 9 kilometri e ho molto sonno. Chiudo gli occhi nella speranza di riposare e continuo a camminare, faccio un lungo tratto diritto, ad occhi chiusi, forse per 2 minuti, forse di più. Prendo in mano i bastoncini, torno a chiudere gli occhi e riprendo a camminare. Sono al centro della strada, i bastoncini mi danno una certa sicurezza, la strada è larga e cammino. Subito un passo certo, sicuro, poi comincia ad essere un passo di ascolto, nel tentativo di sentire sotto i piedi il terreno e percepire così situazioni di pericolo eventuale, dopo poco il mio passo diventa incerto, è dubbioso sia nella direzione, sia su ciò che i piedi percepiscono…forse la stanchezza, forse il fatto di essere in cammino da ormai 8 ore, forse le paure che dal profondo salgono e prendono voce. Riapro gli occhi e la luna illumina tutto intorno a me.

Per gli indiani Toltechi del Messico “imparare a camminare è imparare a vivere”. È quello che si può leggere sul libro “Earthwalks, meditazioni in movimento. Camminare per stare bene nel corpo e nello spirito” scritto da James Endredy. La sua esperienza, a contatto con le civiltà dei nativi americani del Messico, lo ha portato a sviluppare delle tecniche di “collegamento” con la Terra. In particolare ha sviluppato modi diversi di camminare, finalizzati all’osservare se stessi e le proprie azioni, e come queste possano influenzare il mondo attorno a noi. Modi di camminare per imparare a collegarsi con le energie e i poteri della Natura e degli animali. E’ un libro interessante che, oltre a sottolineare come camminare possa essere una scuola di vita, parla di come camminare permetta di ritrovare il profondo collegamento con la Natura e come questo possa guarire la Terra

Tra le proposte delle Earthwlaks ve ne è anche una dal titolo “visione notturna” che consiste nel camminare nel buio completo, per risvegliare ciò che abbiamo dimenticato e cioè la capacità di vedere al buio. Noi siamo generalmente orientati a vivere nella luce, quando c’è buio accendiamo la luce, i nostri luoghi di vita sono sempre illuminati. Facendo questo però a volte ci perdiamo la possibilità di esplorare le nostre capacità interiori e i nostri sensi.

Il 7 dicembre di notte, con la luna piena, luna in Gemelli, ultima dell’anno 2014, ho un po’ sperimentato questo, ho messo alla prova le mie “capacità interiori” e aggiungerei anche fragilità interiori, e i miei sensi… con sorpresa e meraviglia in alcuni momenti. Questa camminata è una di quelle cose che è nata dentro di me perché ad un certo punto, come credo potrà essere capitato anche a voi, sono arrivato a farmi una promessa. Non è la prima volta che mi capita nella vita di farmi una promessa e questa andava mantenuta. Questo tipo di promesse si devono mantenere, perché in qualche modo, oltre a farla a te stesso la fai anche a qualcosa di più grande che è in ascolto, la Natura, la Terra… e non ci può nascondere.

Nelle Erthwalks si dice anche di esprimere ad alta voce l’intenzione per la quale si intende camminare. L’intenzione è una cosa seria, perché ha la capacità di concentrare e raccogliere la nostra attenzione e quindi di conseguenza la nostra energia, che poi esprimeremo. L’energia è ciò che ci fa muovere. Questo pensiero, sento che è molto “ginnastica naturale”, perché camminare per fare sport è un’intenzione e ha una sua energia, ma possiamo anche camminare per collegarci alla Terra, camminare per curare noi stessi e camminare per pregare ed ognuna di queste intenzioni ha la sua energia, si tratta di scegliere perché camminare.

Sono partito alle 7 di sera ho fatto 35 km a piedi, 1.500 m di dislivello in salita e altri 800 in discesa, sono salito per più di 1500 scalini, in 12 ore complessivamente, sempre solo dormendo per qualche mezz’ora buttato a terra. I muscoli mi hanno fatto male, le articolazioni in discesa malissimo, ho avuto freddo, ho avuto paura e in alcuni momenti mi sono sentito in un flusso totale, pieno come non mai, in altri mi sembrava di scomparire nel buio. Camminando sono andato oltre tutto questo. Aver camminato ha dato senso alle mie promesse, mi ha fatto incontrare cose di me sconosciute, mi ha curato, mi ha permesso di pregare…ma ho solo camminato.

Breathwalk

breathOggi volevo parlare del Breathwalk. Una tecnica interessante e articolata che raccoglie, e mette insieme, la camminata consapevole, con la respirazione consapevole e la meditazione.

Da sempre il camminare, il ritmo del camminare è legato al ritmo del respiro e, avendo alcune conoscenze di movimento, di meditazione e di respirazione, diventa anche abbastanza facile lasciarsi ispirare e collegare queste conoscenze, giocando a mettere insieme le cose per creare varie situazioni che a poco a poco possono modificare il nostro stato di quel momento.

Quanto il respiro possa modificare il nostro stato d’animo e viceversa, è una cosa risaputa, tutte le tecniche di meditazione, di presa di consapevolezza del corpo, di concentrazione, di rilassamento, di connessione con il mondo introno a noi, nelle arti marziali e in tutto ciò che concerne il movimento, ha come centro il respiro. Del resto respirare è vita, chi non respira muore.

Il camminare, è forse l’attività motoria per eccellenza nell’uomo, è il modo di spostarsi da un punto ad un altro, camminando andiamo incontro alle cose del mondo, incontro agli altri e in ultima anche incontro a noi stessi.

La meditazione è la via possibile per elevare lo spirito ed essere pienamente nel presente. Meditare è il modo per fermare la nostra mente che è in continua attività frenetica e spesso comanda a noi stessi, determinando il nostro modo di vivere senza però farci ascoltare ciò che sta nel profondo di noi stessi. La meditazione, uno stato dell’essere che si raggiunge grazie a delle tecniche, che però a volte rischiano di essere considerate troppo spirituali da alcune persone o a volte, semplicemente, troppo lontane per chi non è in grado di fermarsi e vive in continuo movimento, con una necessità impellente di muoversi. Ecco credo che per tutto questo, possa essere interessante parlare di Breathwalk, (descritta nel libro di yogi Bhajan e G. Singkhalsa dal titolo “Breathwalk” edito da ASTROLABIO) perché spiega e approfondisce questo rapporto “passo – respiro – meditazione” in modo molto interessante.

A me piace e mi intriga questa connessione tra il ritmo del camminare, il ritmo del respiro e l’attenzione a quest’ultimi, che permette di entrare in uno stato meditativo. Allora diventa interessante sapere e capire anche, che i guerrieri indiani del centro e sud America, quando si spostavano a piedi, usavano andare in fila indiana, sincronizzando il ritmo dei passi con il ritmo del respiro, con il ritmo dei compagni. Per quegli indiani nel camminare in questo modo in gruppo, in fila indiana, non esisteva più una distanza da percorrere, un punto dal quale ci si era allontanati e un punto al quale ci si doveva avvicinare, ma esisteva solo il momento presente ed era l’unica cosa che contava. Questo permetteva loro di compiere lunghe distanze, senza affaticarsi troppo e arrivare ancora con energia, molto probabilmente questa modalità e questa ricerca di sintonia di ritmi, ha dei legami profondi con il nostro essere, arcaici, in grado di attivare energie nascoste alle quali attingere. A differenza di quegli indiani noi spesso ci sentiamo sopraffatti dall’ansia per ciò che abbiamo lasciato indietro, oppure dall’ansia di arrivare e ci perdiamo così il presente, ciò che stà in mezzo tra i due punti, forse la parte più reale della nostra vita. I popoli che camminano da secoli conoscono questo e sanno che una camminata per lunga che sia, è fatta di un passo alla volta.

Il breathwalk ha una tecnica precisa, fatta di diverse fasi e diverse possibilità, con esercizi preparatori e viene usato anche come pratica di complemento, alla cura di alcune sofferenze di tipo psico-emotivo.

Nel breathwalk si parla di 4 benefici:

  • miglioramento dei livelli di energia in quanto permette di generare energia dentro di noi e di conseguenza ci sentiamo corroborati, rinnovati.
  • controllo degli stati d’animo, quindi si calmano gli stati d’ansia, la depressione si trasforma in speranza e dalla preoccupazione passiamo alla fiducia.
  • migliora la qualità della mente, quindi riusciamo a focalizzare meglio diventando meno dispersivi diventiamo più lucidi. Intuitivi, migliora la concentrazione e l’attenzione e siamo più creativi e in grado di apprendere.
  • migliora il nostro senso di collegamento. Mi piace questo beneficio perché è abbastanza poco trattato e si intende l’appartenenza a qualcosa di più grande del normale io personale. Mi piace questo quarto beneficio, perché è molto Ginnastica Naturale, infatti in questo “senso di collegamento” è implicita la connessione con la natura.

Naturalmente la respirazione e tutte le sue componenti sono centrali in questa pratica e sono elementi sui quali agire. Non voglio entrare troppo nello specifico e dettagliato, in quanto credo che se vi interessa potete acquistare il libro che a mio parere è istruttivo, però vi dico quello che potreste sperimentare praticamente.

Scegliete un percorso all’aria aperta, meglio se in mezzo alla natura, possibilmente in piano, cominciate a camminare, cercate di farlo in modo corretto, con il corpo e la mente allineati, naturali e privi di tensioni, eventualmente rileggete i post che ho scritto relativi al cammino. Poi ponete l’attenzione al ritmo dei vostri passi e al ritmo della vostra respirazione, prendetene consapevolezza, osservatene i rapporti, osservate il vostro corpo, il vostro stato d’animo. Poi decidete di tenere un ritmo di 4 passi ogni movimento espiratorio e 4 passi ogni movimento inspiratorio, proseguite in questo modo per un tempo che a voi sembra significativo, secondo me almeno 15 minuti sperimentate questo ritmo e poi datevi un tempo di ascolto e , di ritorno senso-motorio di questa esperienza e vedrete che ritroverete almeno in parte qualcuno dei 4 benefici che sono scritti sopra.

Sperimentate e godete di questo.

Di passo in passo

tracceÈ da qualche giorno ormai, forse da un paio di settimane subito dopo aver scritto il post sulla luna, che mi ritrovo a pensare al “passo”, anzi, questa questione mi capita proprio “tra i piedi”. Sono un po’ dubbioso nello sviluppare questo tema, perché da poco ho scritto delle cose sul cammino e poi comunque sul camminare ho scritto più di un post. Però questa cosa del passo si ripresenta, in modi diversi, ci inciampo contro, gli ho dato qualche calcio per buttarla in la, ma niente da fare, devo provare a scriverci qualcosa.

Nel mia testa ci sono due parole, “cammino” e “passo”, che mi sembrano quasi uguali ma tanto diverse. La parola “camminare” viene utilizzata per l’azione che facciamo di spostarci da un luogo all’altro, utilizzando i piedi (altra parola che in questi giorni mi si ripresenta davanti). Mentre invece il “passo” è il movimento che eseguiamo noi, e anche gli animali, per camminare. Due concetti vicini, che si rincorrono l’un l’altro, legati tra loro, senza di uno non esiste l’altro, non si può camminare se non si fanno dei passi.

Io vorrei però oggi occuparmi più del passo, cioè di quel movimento fatto con gli arti inferiori che facciamo quando camminiamo. Quando camminiamo le nostre gambe ripetono una sequenza di movimenti, tale sequenza è chiamata anche “ciclo del passo”, una complessa sequenza di eventi che intercorrono tra un passo e l’altro, che noi svolgiamo in modo automatico.

Quando eseguiamo un passo, una gamba serve da supporto e l’altra avanza verso il nuovo punto di appoggio, per diventare poi a sua volta il successivo supporto. Le gambe invertono i ruoli continuamente.

Mi piace e mi interessa questa cosa perché quando camminiamo per una parte del tempo stiamo su di una gamba sola. Non ci si pensa spesso, eppure nel cammino solamente una parte di tempo stiamo su due piedi, ma per la maggior parte siamo su un piede solo, in equilibrio quindi. Se ricordate nel post “essere in equilibrio” scrivevo di una continua ricerca di equilibrio, il passaggio continuo dal dis-equilibrio all’equilibrio. Eccolo qua! Il passo è proprio questo. Pensate che camminando solamente il 20-30% del tempo siamo su due appoggi, il resto del tempo siamo su un piede solo, e più la nostra velocità aumenta e più questo tempo di doppio appoggio si riduce, fino ad arrivare alla corsa dove passiamo da un piede all’altro senza il momento dei due piedi in appoggio.

Non vi pare strano che la maggior parte del tempo che camminiamo siamo su un piede solo? Sapere che in una camminata di un’ora, per ben 40 minuti di questa si è su un piede solo? Io quando ci penso mi sorprendo sempre un po’.

Pensate a quando ci ritroviamo a camminare su terreni sconnessi, in salita, sulle scale, pensate a quanto impegno è richiesto al nostro corpo per mantenere la stabilità e progredire in una situazione dove una buona parte del controllo deve essere fatta stando su di un piede solo.

Se a questo aggiungiamo che l’appoggio del piede in realtà non è con tutta la pianta ma nella dinamica del passo comincia prima il tallone, poi pianta, poi la punta delle dita del piede, quindi la superficie dì appoggio è ridotta e sempre in cambiamento. Anche questo è sorprendente.

Un’altra cosa che mi piace e intriga del “passo” è il carattere del passo stesso. Quando osserviamo una persona camminare veniamo colpiti dal modo in cui cammina, dal modo in cui esegue un passo dopo l’altro e questo modo denota un carattere, una personalità, un modo di stare al mondo forse.

Ci sono persone nelle quali distinguiamo un passo sicuro, in altre lo troviamo elegante, in altre incerto, osservando notiamo persone con il passo svelto, un passo deciso, un passo signorile, un passo svaccato, ecc. credo che gli aggettivi sul passo potrebbero essere infiniti e tutti nello stesso modo adeguati. Perché il passo è sicuramente un elemento di espressione della nostra personalità, del nostro modo di affrontare la vita, del modo di procedere nelle situazioni. Sicuramente nella nostra vita abbiamo sperimentato passi decisi, passi entusiasti, passi gioiosi, passi pesanti ecc..

Quando camminate in un sentiero, provate  a pensare ai vostri passi e alla sensazione che avete mentre camminate, e chiedetevi come sono i vostri passi, quale qualità esprimono, e quando avete  individuato la qualità, provate  a cambiarla, facendolo  in modo leggero, solamente per il gusto di giocare con il vostro corpo e con il movimento, e osservate cosa succede nel vostro animo, nel vostro profondo.

A volte spostare l’attenzione della nostra mente sul corpo può essere terapeutico e a questo proposito vi trascrivo un pezzo del libro di Kuki Gallmann “Sognavo l’Africa”. La storia di questa donna Italiana traferitasi in Kenia e innamorata della natura africana, prima di compiere 40 anni perde il marito che amava moltissimo in un incidente vicino a Nairobi. Dopo 3 anni da questa perdita, nel tentativo di ricostruirsi una vita equilibrata, perde il figlio diciassettenne, per un  morso di una vipera dal corno e nel dolore di questa ultima perdita scrive:

Nel profondo della mia sofferenza ebbi il buon senso di riconoscere il potere risanatore degli spazi imperturbati che mi circondavano.

Se prima del serpente avevo amato camminare nelle boscaglie e sentirmene parte, scoprire gradualmente il suo linguaggio segreto e antico come la stessa Terra, dopo il serpente presi l’abitudine di camminare in Laikipia giorno dopo giorno, percorrendo tutti i sentieri che riuscivo a trovare, come una forma di terapia, come se stancando il mio corpo potessi guarire la mia anima.

All’inizio, con i seni offuscati dal dolore, mi muovevo come in un vuoto. Non parlavo mai; la mia mente era piena di ricordi, di voci e di grida, e procedevo brancolando nel labirinto tortuoso dei miei interrogativi irrisolti. Poi, a poco a poco, un silenzio discese, e la mia mente divenne quieta e rilassata; i suoni esterni e l’essenza della natura la raggiunsero di nuovo e io diventai più vigile e percettiva di quanto non fossi mai stata.”.

 Per concludere un testo che mi piace molto di Erri del Luca su quella parte del corpo che ci permette di camminare e che poggia sulla nostra terra. “Elogio dei piedi”.